Gruppo di coordinamento aziendale per la promozione della salute di genere: agli IFO un centro che utilizza il genere come determinante per la salute

Marialuisa Appetecchia

Coordinatrice del Gruppo di Coordinamento Aziendale Istituto Nazionale Tumori Regina Elena e Istituto Dermatologico San Gallicano (IFO) per la promozione della Salute di Genere, Responsabile UO di Endocrinologia Oncologica, IRCCS IFO di Roma

Il Gruppo di coordinamento aziendale per la promozione della salute di genere degli IFO ha iniziato la sua attività nel 2018, quando è stato costituito con atto deliberativo per una felice convergenza di interessi di alcuni professionisti interni e della Direzione strategica dell’Ente con l’intento di lanciare, diffondere, approfondire e soprattutto stimolare la ricerca e la conoscenza nel campo delle differenze di genere in oncologia e dermatologia. Nonostante l’eccezionale evoluzione della ricerca medica degli ultimi decenni, vi è stata fino ad oggi una scarsa attenzione per questa parte della scienza medica. Dall’analisi dei dati di letteratura appare evidente che il genere influenza la fisiopatologia, i segni clinici, l’esito e la terapia dei tumori e delle malattie dermatologiche. Pertanto, questa variabile dovrebbe rappresentare un importante fattore di stratificazione ed essere considerata nella pratica clinica quotidiana e in tutte le sperimentazioni cliniche e precliniche.

Una migliore comprensione delle differenze esistenti potrebbe, infatti, orientare le strategie terapeutiche verso cure sempre più personalizzate e, conseguentemente, verso una più efficace gestione clinica. In campo oncologico, nel corso degli ultimi decenni, gli studi sono stati squilibrati in termini di genere, anche nel campo della ricerca; ricordiamo che nel 1977 la Food and Drug Administration escluse le donne dalla fase I e II dei trial clinici. L’efficacia dei chemioterapici è diversa nei due sessi/generi, tuttavia le differenze delle caratteristiche cliniche delle neoplasie, a parità di istologia e stadio, sono talora osservate ma non considerate nella pratica clinica quotidiana e nelle linee guida. Relativamente poco si conosce circa le differenze di genere nella terapia antitumorale e il loro impatto nella gestione clinica della malattia.

La bassa rappresentazione delle donne negli studi clinici rappresenta certamente un fattore cruciale che ha limitato, fino a oggi, la raccolta dei dati. Inoltre, a causa della natura retrospettiva di questi studi, ci sono numerosi fattori confondenti (per esempio, età, stadio di malattia, co-morbilità) che possono influenzare i risultati, tanto che i dati che emergono dalla letteratura sulle differenze di genere sono parziali, frammentari e talvolta contraddittori. In generale è stato osservato che alcuni chemioterapici hanno un tasso di risposta migliore nelle donne che negli uomini, senza un aumento significativo della tossicità (per esempio, cisplatino e irinotecan), mentre in altri casi una maggiore tossicità nelle donne non si associa a un aumento della risposta (per esempio, 5-fluorouracile). È stato osservato che le donne sviluppano meno frequentemente degli uomini cardiomiopatia e nefropatia, in seguito a trattamento con antracicline, e che i livelli degli ormoni riproduttivi nelle donne sono inversamente correlati con la salute cardiaca; anche l’attività antitumorale propria esercitata dalle antracicline sembra mostrare una disparità di genere. Studi condotti su modelli murini hanno evidenziato una riduzione del tumore significativamente maggiore negli animali maschi trattati con antracicline rispetto alle femmine. Anche gli effetti collaterali dei farmaci antineoplastici sono fortemente dipendenti dalle peculiarità che i vari tessuti e organi presentano nei due sessi. Per esempio, le donne hanno una maggiore incidenza di mucosite orale, ma tassi più bassi di tossicità intestinale rispetto agli uomini. Le donne sono anche maggiormente soggette a nausea e vomito, a causa della minore attività dei farmaci antiemetici. Mentre i meccanismi molecolari alla base di queste differenze non sono ancora noti, o solo in parte, l’aumento della tossicità spesso correla con una differente farmacocinetica. Le differenze di genere nella farmacocinetica e farmacodinamica svolgono un ruolo chiave sia nell’efficacia sia nel profilo di sicurezza dei farmaci. Il fegato, principale organo deputato al metabolismo dei farmaci, presenta infatti differenze fisiologiche tra maschio e femmina. In particolare sono state descritte differenze nel trasporto epatico, nelle attività enzimatiche di disintossicazione dei farmaci e nel metabolismo lipidico. Molti enzimi detossificanti appartenenti alla superfamiglia del citocromo P450 (CYP) sono espressi nel fegato in un modo sesso-dipendente e due di questi, CYP3A4 e CYP2B6, responsabili del metabolismo di oltre il 50% dei farmaci, presentano una attività maggiore nelle donne piuttosto che negli uomini. Per queste ragioni le donne sono particolarmente sensibili al danno epatico indotto dai farmaci e appaiono generalmente più suscettibili alle reazioni avverse in seguito a trattamento con antineoplastici. Ancora una volta i livelli ormonali giocano un ruolo chiave nelle differenze di genere osservate nel metabolismo e nell’eliminazione dei farmaci. A complicare ulteriormente la questione anche il fatto che il metabolismo dei farmaci nelle donne è influenzato da fattori sesso-specifici come la menopausa, la gravidanza e le mestruazioni. Anche se ci sono considerazioni etiche specifiche per quanto riguarda l’inclusione delle donne nelle sperimentazioni di farmaci e il loro inserimento nei trial clinici comporterebbe un aggravio economico, il rapporto tra tossicità dei farmaci antineoplastici e influenze ormonali meriterebbe di essere approfondito.

Il genere sembra influenzare per molti aspetti anche le malattie dermatologiche, come per esempio nel caso delle malattie di tipo allergico, in particolare le dermatiti da contatto, soprattutto per quanto attiene alla qualità di vita ed al vissuto soggettivo della propria pelle, che possono, di conseguenza, influenzare e modificarne l’approccio clinico-terapeutico. La popolazione femminile presenta, per esempio, più frequentemente allergia al nichel e al colore nero della tintura per capelli.

Nelle infezioni HIV correlate le differenze di genere possono influenzare il rischio di infezione, la progressione della malattia e la risposta alla terapia antiretrovirale. Le donne, anche a causa di fattori anatomici, biologici e sociali, sono più suscettibili all’infezione da HIV rispetto agli uomini.

Da ricordare, inoltre, il ruolo favorente di altre infezioni sessualmente trasmesse e dei contraccettivi ormonali, spesso utilizzati al posto di contraccettivi di “barriera”, come il condom. La possibilità di trasmettere l’infezione per via orizzontale (eterosessuale) e verticale inserisce la donna sieropositiva al centro di complesse problematiche che richiedono una gestione specifica e un supporto maggiore rispetto a quello fornito ai pazienti di sesso maschile.

A seguito di quanto sopra rappresentato, è emersa nel nostro Istituto la necessità di sviluppare e realizzare nuove strategie di genere, con un approccio di percorso diagnostico e terapeutico integrato, con una visione che tenga conto da una parte dell’offerta in rete di vari setting assistenziali (ambulatoriale, day service, ricovero) e, dall’altra, di tutte le fasi del processo che vanno dalla prevenzione alla diagnosi, al trattamento, alla riabilitazione. Il miglioramento della qualità dell’assistenza e l’appropriatezza delle cure sono, infatti, obiettivi raggiungibili mediante un’integrazione trasversale di specialità mediche e competenze professionali che garantisca una presa in carico della persona, tenendo presenti le differenze di genere. Già in pregresse esperienze gli IFO si sono mostrati attenti alle tematiche della sanità di genere, portando all’acquisizione di Bollini Rosa da parte di ONDA - Osservatorio nazionale sulla Salute della Donna.

Per tale motivo è stato istituito un Gruppo di coordinamento per la promozione della salute di genere, che ponesse attenzione all’appropriatezza della diagnosi e delle cure in campo oncologico e dermatologico, utilizzando il genere come determinante per la salute, con il compito di contribuire anche alla ricerca preclinica e clinica su questo argomento. Con questo obiettivo il Gruppo collabora con molte persone e realtà italiane ed europee impegnate nella crescita di sensibilità e conoscenze sulla medicina di genere attraverso convegni, incontri con decisori politici e sociali, partecipazione alla crescita della medicina di genere in Europa e nelle diverse Regioni italiane, collegamenti con tutte le realtà istituzionali (Università, Ministero della Salute, Istituto Superiore di Sanità) che si occupano di questa dimensione della medicina, per gli aspetti della gestione clinico-assistenziale e per la definizione di approcci dedicati nella ricerca clinica traslazionale e di base. Nel 2018 è stato realizzato presso gli IFO un Congresso Nazionale dedicato alla tematica, con la partecipazione di un panel di esperti, anche con l’intento di “fare rete”, con scambio di esperienze e conoscenze e avvio di importanti collaborazioni, a cui hanno fatto seguito eventi formativi per i dipendenti degli IFO, finalizzati alla divulgazione e all’approfondimento delle tematiche di genere. A seguito di queste attività il Gruppo è entrato a fare parte della rete italiana di medicina di genere, a cui afferiscono il Centro di riferimento dell’Istituto Superiore di Sanità, il Gruppo Italiano Salute e Genere, il Centro Studi su Salute e Medicina di Genere, la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, la Federazione delle Associazioni dei Dirigenti Ospedalieri Internisti, la Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie, la Società Italiana di Reumatologia, l’Associazione Italiana Donne Medico e molte società scientifiche. Importante è stata poi la collaborazione alla stesura di un documento per l’applicazione e la diffusione della medicina di genere, in attuazione dell’articolo 3, comma 1, Legge 3/2018, predisposto dal Ministero della Salute, con il fondamentale supporto del Centro di Riferimento per la Medicina di Genere dell’Istituto Superiore di Sanità e con la collaborazione di un Tavolo tecnico-scientifico nazionale di esperti regionali in Medicina di Genere e dei referenti per la Medicina di Genere della rete degli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico, a capo della quale gli IFO sono stati chiamati in qualità di Coordinatore. Tale documento si propone di fornire un indirizzo coordinato e sostenibile per la diffusione della medicina di genere mediante divulgazione, formazione e indicazione di pratiche sanitarie che nella ricerca, nella prevenzione, nella diagnosi e nella cura tengano conto delle differenze derivanti dal genere, al fine di garantire la qualità e l’appropriatezza delle prestazioni erogate dal Servizio Sanitario Nazionale in modo omogeneo sul territorio, cui ha fatto seguito, il 13 giugno 2019, l’approvazione formale, con decreto attuativo relativo alla legge 3/2018, da parte del Ministro della Salute, del Piano per l’applicazione e la diffusione della medicina di genere sul territorio nazionale.