Le politiche in materia di medicina di genere della Regione Toscana

A colloquio con Stefania Saccardi

Perché, a suo avviso, la medicina di genere è importante e quanto è sensibile la sua Regione e in generale la politica a questo tema?

L’Organizzazione mondiale della sanità definisce la “salute” come uno stato completo di benessere fisico, mentale e sociale e sempre l’OMS, così come la nostra Costituzione, afferma che la salute è uno dei diritti fondamentali di ogni essere umano, senza distinzione di sesso, razza, religione, condizione economica e sociale.

Questo significa che dobbiamo dare a tutti la pari opportunità nelle cure. E in qualità di Assessora al diritto alla salute, al welfare e all’integrazione socio-sanitaria faccio mio quanto espresso dal Consiglio dei Ministri d’Europa nella raccomandazione agli Stati membri il 30 gennaio 2008 “l’obiettivo per produrre uguaglianza, equità e rispetto dei diritti umani (...) nell’ambito della salute, richiede che gli effetti delle differenze di genere e le loro conseguenze siano prese in considerazione nella pianificazione delle politiche sanitarie, nelle prestazioni sanitarie e nei processi derivanti”.

Per troppo tempo infatti, le malattie, la loro prevenzione e terapia sono state studiate prevalentemente su casistiche di un solo sesso, quello maschile, sottovalutando non solo le peculiarità biologico-ormonali e anatomiche, ma anche quelle socio-culturali proprie delle donne. Uomini e donne hanno di fatto un differente rischio di contrarre molte malattie e anche una diversa risposta a molte di queste. Dunque non è solo scientificamente ed eticamente scorretto trasferire i dati ottenuti sull’uomo alla donna, ma anche un vero e proprio errore metodologico.

La medicina di genere è chiamata pertanto a limitare le diseguaglianze di studio, di attenzione e di trattamento che fino a oggi sono state per lo più a carico delle donne, ma non a costruire una medicina al femminile e una medicina al maschile, applicando il concetto di diversità per garantire a tutti, donne e uomini, il miglior trattamento possibile in funzione della specificità di genere. Per raggiungere questo obiettivo la medicina di genere non deve essere una specialità a se stante, ma un’integrazione trasversale di specialità e competenze mediche affinché si formi una cultura e una presa in carico della persona che tenga presente le differenze di genere, non solo sotto l’aspetto anatomo-fisiologico, ma anche delle differenze biologico-funzionali, psicologiche, sociali e culturali.

La conoscenza delle differenze di genere-specifiche favorisce infatti una maggiore appropriatezza della terapia e una maggiore tutela della salute, garantendo così il principio di equità che significa non solo parità di accesso alle cure, ma anche poter disporre della cura più adeguata al proprio genere. Per questo la medicina di genere è ormai un’esigenza del Servizio sanitario e occorre pensare ad aspetti organizzativi e di coordinamento dei servizi che tengano conto delle differenze di genere-specifiche.

La regione Toscana è stata sempre una pioniera nelle scelte che interessavano la salute e il benessere della comunità. Cosa ha fatto la sua Regione nell’ambito della medicina di genere? Ci vuole spiegare come siete arrivati alla Delibera con la quale è stato istituito il Centro di coordinamento regionale per la salute e medicina di genere? Ce lo vuole descrivere nella sua importanza?

Partendo dalle considerazioni ora esposte, la Regione Toscana sei anni fa ha iniziato ad affrontare il tema istituendo all’interno del Consiglio Sanitario Regionale, organo tecnico scientifico dell’Assessorato al diritto alla salute, al welfare e all’integrazione socio-sanitaria, una “Commissione permanente per le problematiche della medicina di genere”. Questa commissione, composta da oltre trenta professionisti che operano a vario titolo nella Sanità toscana e che già da tempo si occupavano, nel loro settore, di problematiche legate alla differenza di genere, ha lavorato per gruppi tematici: dalla ricerca e sperimentazione farmacologica, alle patologie cardiovascolari e dismetaboliche; dai determinanti di salute alla medicina preventiva fino alla sicurezza sul lavoro; dalla identificazione di indicatori di equità di genere alla organizzazione dei servizi, fino alla progettazione delle strutture sanitarie in un’ottica di genere.







La stessa commissione ha contribuito non solo a inserire nel Piano socio-sanitario integrato regionale 2012-2015 uno specifico paragrafo “Salute e medicina di genere”, ma ha promosso, in collaborazione con l’Agenzia regionale di sanità, il primo report “La Salute di genere in Toscana”. Report che, grazie al lavoro di un numeroso e preparato gruppo di esperti, presenta una serie di interventi relativi alle conoscenze scientifiche attuali sui diversi comportamenti di genere e sull’incidenza di questi sulla salute e sulla malattia, dal punto di vista epidemiologico e clinico, in Toscana. E proprio partendo da questi dati è stato fatto un ulteriore passo avanti ponendo la salute e la medicina di genere tra le sette azioni prioritarie dell’Assessorato; a febbraio 2014 è stato istituito il Centro di coordinamento regionale per la salute e medicina di genere e, in un’ottica di sistema a rete, per garantire l’attuazione degli indirizzi definiti dal Centro a livello di area vasta e aziendale, su tutto il territorio regionale sono stati istituiti, con deliberazioni aziendali, 12 Centri aziendali di coordinamento della Salute e medicina di genere, quattro Centri delle Aziende ospedaliero-universitarie e quello della Fondazione Monasterio. Praticamente oltre 250 professionisti, tra cui medici, infermieri, psicologi, farmacisti, assistenti sociali, ecc. con gli ordini professionali, le associazioni di categoria, del volontariato, dei cittadini promuovono cultura di genere in tutte le attività che coinvolgono il Sistema Sanitario Regionale.

Il Centro regionale di fatto svolge una funzione di raccordo e coordinamento delle azioni e iniziative poste in essere dai Centri di coordinamento territoriale e degli altri soggetti coinvolti, per realizzare un sistema di rete in grado di promuovere e garantire lo sviluppo omogeneo della medicina di genere su tutto il territorio regionale. Inoltre svolge promozione di percorsi di presa in carico della persona, che tengano conto della differenza di genere per una maggiore appropriatezza e personalizzazione della terapia, definisce percorsi di sensibilizzazione e formazione degli operatori sanitari verso il determinante genere al fine di garantire equità di approccio diagnostico valutativo e terapeutico, promuove lo sviluppo di soluzioni innovative di accesso ai servizi, sistematizzando e diffondendo le esperienze già intraprese nel territorio. Collabora inoltre con le istituzioni universitarie toscane e con le istituzioni nazionali ed europee.







Cosa intendete fare perché nell’attività di programmazione sanitaria toscana la Medicina di genere possa entrare di diritto nella prevenzione e in altri ambiti che interessano la salute?

Con il processo di riordino del Sistema Sanitario Regionale Toscano, avviato con Legge regionale a fine 2015, il Centro di coordinamento regionale per la Salute e medicina di genere è tra gli organismi del governo clinico regionale, il che significa che il Centro opera all’interno dell’Assessorato al diritto alla salute, al welfare e all’integrazione socio-sanitaria in costante raccordo con i settori competenti in materia di programmazione e organizzazione delle cure, qualità dei servizi, ricerca, innovazione, risorse umane, prevenzione, farmaceutica e appropriatezza e con le altre strutture del governo clinico regionale, tra cui l’Organizzazione toscana trapianti, l’Istituto toscano tumori, il Centro regionale sangue, il Centro regionale per la gestione del rischio clinico e la sicurezza del paziente, la Rete Toscana per la Medicina Integrata, il Centro regionale di riferimento per le criticità relazionali, il Centro regionale di riferimento per la verifica esterna di qualità (VEQ). Inoltre il Centro, al fine di promuovere sinergie e valorizzare le iniziative adottate nei diversi territori e dalle diverse istituzioni, si raccorda con i diversi soggetti coinvolti, tra cui l’Agenzia regionale di Sanità Toscana, il laboratorio MeS della scuola superiore S. Anna di Pisa, la Commissione regionale per le pari opportunità e gli atenei toscani. Infine, il Centro, pur espletando attività prettamente sanitarie, si relaziona anche con gli altri tavoli istituzionali e settori regionali che si occupano direttamente o indirettamente della parità di genere.

La Delibera della regione Toscana viene considerata un po’ come un modello: come bisogna lavorare a suo avviso affinché ognuno applichi questi concetti a livello organizzativo ed essi diventino un approccio culturale quotidiano?

Credo che ogni regione, avendo un proprio modello organizzativo in ambito sanitario, debba trovare modalità e percorsi propri per diffondere cultura e attuare politiche di genere-specifiche, avendo sempre come obiettivo comune di garantire a ogni individuo, donna e uomo, la terapia più adeguata. Occorre dunque investire sulla medicina di genere per dare concretezza al concetto di centralità del paziente nella ricerca e messa a punto di trattamenti efficaci e innovativi per la tutela della salute.

L’obiettivo deve essere quello di una medicina basata sull’evidenza e personalizzata sul genere così da assicurare maggiore adeguatezza e appropriatezza delle cure, con conseguente riduzione degli aggravi al Sistema Sanitario nazionale e regionale.

Intervista a cura di

Mariapaola Salmi