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Appunti dalla Giornata nazionale per la salute della donna (e per la medicina di genere)

Nel corso della Giornata nazionale per la salute della donna (22 aprile 2016) abbiamo chiesto a Walter Ricciardi, Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), di presentarci Il Quaderno del Ministero della Salute “Il genere come determinante di salute. Lo sviluppo della medicina di genere per garantire equità e appropriatezza della cura”: “Il Quaderno vuole essere un punto di partenza, non certo di arrivo, per aiutare i decisori ad adottare politiche adeguate agli uomini così come alle donne, partendo da basi scientifiche. Così, su iniziativa del Ministro, abbiamo cercato di collegare importanti scienziate e scienziati, ricercatrici e ricercatori, che da qualche anno si occupano di questo tema dai loro rispettivi punti di vista, e abbiamo chiesto loro di comunicarci le loro scoperte, le loro posizioni, ma sempre basate su dati solidi, su dati scientifici riguardo a tutte le patologie. Devo dire che il risultato è importante, perché ci consente di riflettere su dati concreti e di elaborare le nostre strategie non su opinioni ma su effettive scoperte scientifiche”.




La medicina di genere non è medicina delle donne

Il Quaderno sulla medicina di genere contribuisce a fare chiarezza su questo aspetto? “Sì, emerge chiaramente,” ci ha risposto il Presidente dell’ISS, Ricciardi, “così come dalla giornata di oggi emerge che le cittadine e i cittadini non ne sono consapevoli, come non lo sono anche molti addetti ai lavori, che continuano a pensare che la medicina di genere sia la medicina che si occupa della salute della donna. In realtà la prospettiva di genere serve a capire quali sono le differenze, quali sono le caratteristiche specifiche che distinguono le condizioni di salute, di malattia, quali sono dunque le strategie per preservare la salute, per controllare i fattori di rischio e anche per intervenire in caso di malattia negli uomini e nelle donne. Questo è un punto di partenza, e oggi capiamo che dobbiamo comunicarlo meglio. Non possiamo parlare soltanto fra noi addetti ai lavori, ma dobbiamo far capire alle cittadine e ai cittadini che la medicina di genere può avere un impatto sulla loro qualità di vita e anche sulla sua durata, perché quello che stiamo vedendo in questo momento è che anche la quantità di vita è oggi in Italia messa in discussione”.

Anche Roberta Chersevani, Presidente FNOMCeO, ci tiene a sottolineare che “c’è ancora chi confonde la medicina di genere con la medicina dedicata alle donne, mentre non è così. Medicina di genere significa rendersi conto che molto spesso la sintomatologia, la prevalenza e la terapia delle malattie sono diverse a seconda che il soggetto colpito sia un uomo o una donna”. Proprio per questo uno dei gruppi di lavoro della FNOMCeO è dedicato alla medicina di genere. La sua coordinatrice, Teresita Mazzei, ci ha presentato alcune delle iniziative del gruppo: “Abbiamo programmato corsi di formazione, di informazione e di preparazione della popolazione medica, da tenere nelle varie sedi provinciali degli ordini dei medici, che spazino dalla farmacologia di genere alla medicina in generale, cardiovascolare, dell’apparato respiratorio, del sistema nervoso centrale, perché sappiamo che, per esempio, alcune demenze colpiscono di più la popolazione femminile rispetto a quella maschile, l’osteoporosi al contrario è poco studiata negli uomini. Tutta una serie di corsi che provino a colmare quella che è una lacuna di formazione pre e post laurea in medicina che ancora esiste. Nessuno sa ancora, o pochi sanno, cosa sia la medicina di genere e quindi dobbiamo creare cultura, e cerchiamo di farlo con corsi di formazione e attività di informazione su questo argomento”.

L’importanza della formazione è stata recepita anche dalla più recente proposta di legge sulla medicina di genere. La sua prima firmataria, onorevole Paola Boldrini, ricorda che “adesso abbiamo professioniste e professionisti che sono formati in modo vecchio stampo, quindi sul corpo dell’uomo. Noi dobbiano promuovere una formazione indirizzata a tutte le persone che operano in sanità. Tutto ciò è inserito nella proposta sulla medicina di genere”. Dove infatti si legge che “Il Ministro della salute, d’intesa con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, predispone un Piano formativo nazionale per la medicina di genere che prevede l’attivazione di corsi interdisciplinari finalizzati alla conoscenza e all’applicazione dell’orientamento alle differenze sessuali e di genere nella ricerca, nella prevenzione, nella diagnosi e nella cura. Tali corsi sono attivati in tutte le classi dei corsi di laurea delle professioni sanitarie e sono recepiti nei piani formativi delle aziende sanitarie con requisiti per l’accreditamento nell’educazione continua in medicina.” (Art. 5 Piano formativo nazionale per la medicina di genere, Proposta di Legge n. 3603, presentata il 12/02/2016 alla Camera dei Deputati).

Un tavolo per la medicina di genere

Al tavolo dedicato alla medicina di genere e alla salute della donna sono stati trattati vari aspetti della medicina di genere, tra i quali la ricerca clinica e la formazione. Abbiamo chiesto a Walter Malorni (ISS), presente al Tavolo, a che punto sono la ricerca e lo sviluppo della medicina di genere nel settore pubblico e in quello privato. “Stanno procedendo lentamente. L’ISS, come organo tecnico-scientifico del Ministero della Salute, ha istituito un apposito Centro di Riferimento sulla medicina di genere che dovrebbe coordinare gli sforzi nel settore pubblico e stimolarne le iniziative. Anche molte altre istituzioni nazionali, come AIFA o ISPEL, stanno affrontando il problema ognuno per le proprie competenze. Certo”, osserva Malorni, “ci vorrebbero risorse pubbliche maggiori per sviluppare una ricerca genere-specifica senza la quale è difficile l’innovazione. A sua volta, il mondo produttivo sta creando strutture e/o affrontando concretamente gli aspetti propri del settore quali quelli farmacologici e diagnostici. Anche in questo settore siamo tuttavia agli inizi e sarebbero necessari appropriati incentivi economici”. E a che punto siamo nella formazione? “Oggi i corsi di medicina di genere durante l’itinerario delle Scuole di Medicina nelle Università italiane si contano sulle dita di una mano. Eppure, gli studenti non solo sono interessatissimi”, ci dice Giovannella Baggio, dell’Università di Padova, che ha partecipato al Tavolo insieme a Malorni, “ma si sentono anche responsabilizzati di dover e voler stimolare tutti i loro insegnanti futuri a declinare le materie in base alle differenze di genere. È urgente che la medicina genere-specifica diventi obbligatoria nel piano di studi di un medico”.







Una stringa per l’universo della medicina genere-specifica

Per chi è interessato alla medicina genere-specifica è ora disponibile uno strumento per facilitare la ricerca nella banca dati MEDLINE. È il Texas Tech University Health Sciences Center Sex and Gender Specific Health (TTUHSC SGSH) PubMed Search Tool.

Viene presentato sul Journal of Women’s Health, dove ne è stata verificata la sensibilità, cioè la capacità di trovare tutti gli articoli rilevanti, e la specificità, cioè la capacità di escludere quelli irrilevanti, i “false hits”.

Sulla pagina risorse del sito Sex and Gender Specific Health, nella sezione Literature Search & Database Resources, trovate tutte le istruzioni per utilizzare lo strumento.

Questo strumento dovrebbe essere utile, assicurano i suoi sviluppatori e chi lo ha validato, per diminuire il cosiddetto “number needed to read”, NNTR, cioè il numero di articoli da leggere prima di trovare quelli rilevanti per la propria ricerca.

Fonti

Song MM, Simonsen CK, Wilson JD, Jenkins MR. Development of a PubMed based search tool for identifying sex and gender specific health literature. J Womens Health 2016, 25(2): 181-187. doi:10.1089/jwh.2015.5217.

Sex and Gender Specific Health: http://www.sexandgenderhealth.org/