Dalla medicina di genere alla medicina genere-specifica

Giovannella Baggio1

1. Cattedra di Medicina di Genere, Dipartimento di Medicina Molecolare, Università di Padova;
Direttore Unità Operativa Complessa di Medicina Interna, Azienda Ospedaliera Università di Padova.

From gender medicine to gender-specific medicine

Summary. The Author deals with the significance and dimension of Gender Medicine. Gender Medicine does not mean attracting the attention of the scientific and clinical world to illnesses that more frequently affect men or women, or to illnesses linked to reproductive system or to females health. Gender Medicine means the knowledge of how diseases of all organs and body systems differ in men and women in terms of symptoms, diagnostic pathways, interpretation of test results, need and response to drug therapy as well as prevention. Examples of important differences in cardiology are reported. But the most important message of the Editorial is that the term “Gender Medicine” is not appropriated, it risks to mislead the real significance of this most important dimension of Medicine. The term “Gender Medicine” gives the idea of a separate or parallel branch of Medicine performed by special doctors. Thus Gender Medicine per se does not exist. Instead Medicine declined by gender should encompass all branches of Medicine. This is the reason why we need to speak about Gender-specific Medicine. Only a Gender-specific Medicine should exist because all specialties of Medicine should be taught and put into practice on the basis of gender differences. Therefore new programs of University education in medical schools should be started and all clinical guidelines should be revised.

Nel 1991 Bernardine Patricia Healy, cardiologa americana, prima donna a divenire Direttrice dell’Istituto Nazionale della Salute (NIH) negli Stati Uniti, descrisse la “Sindrome di Yentl”. Yentl, l’eroina di una storia del Premio Nobel Isaac B. Singer, dovette rasarsi i capelli e vestirsi da uomo per poter accedere alla scuola ebraica e studiare il Talmud, uno dei testi sacri dell’ebraismo.

Healy evidenziò in un famoso editoriale sul New England Journal of Medicine1 la discriminazione che aveva constatato nell’Istituto di Cardiologia che dirigeva: le donne erano meno ospedalizzate, meno sottoposte a indagini diagnostiche (coronarografie), interventi e terapie (trombolisi, stent, bypass) rispetto agli uomini; le donne, inoltre, erano poco o per nulla rappresentate nelle sperimentazioni cliniche per introdurre nuovi farmaci e nuove tecnologie diagnostiche e terapeutiche. L’articolo suscitò molto scalpore in tutto il mondo, ma fu un buon punto di partenza per dare forza alla Medicina di genere.

Negli ultimi 20 anni la Medicina di genere ha suscitato un interesse crescente anche se non è sempre ben compresa nel suo reale significato e dimensione. Medicina di genere, infatti, non vuol dire porre l’attenzione del mondo scientifico e clinico sulle patologie che incidono più frequentemente nell’uomo o nella donna, oppure sulle patologie legate al sistema riproduttivo, o sulla salute/problemi delle donne. Medicina di genere significa comprendere in che modo le malattie di tutti gli organi e sistemi si manifestino nei due generi e, soprattutto, valutare le differenze di genere rispetto ai sintomi delle malattie, alla necessità di differenti percorsi diagnostici e interpretazioni dei risultati, alle differenze nella risposta ai farmaci o, addirittura, alla necessità di utilizzare farmaci diversi, e ancora alle differenze rispetto alla prevenzione di tutte le malattie.

La Medicina di genere non è, quindi, una nuova specialità ma una necessaria e doverosa dimensione interdisciplinare della medicina, che vuole studiare l’influenza del sesso e del genere sulla fisiologia, fisiopatologia e patologia umana. All’inizio del terzo millennio sembra impossibile che sia ancora necessario colmare una lacuna così grande, eppure tutta la prassi medica ormai codificata da importanti linee guida è fondata su prove ottenute da grandi sperimentazioni condotte quasi esclusivamente su un solo sesso, quello maschile.

È necessario, dunque, ristudiare le patologie che affliggono uomini e donne nel quotidiano: malattie cardiovascolari, tumori, malattie metaboliche, neurologiche, infettive2 e tutte le specialistiche anche chirurgiche. La Medicina di genere riguarda di fatto tutte le specialità del sapere medico.

Nei paesi occidentali le donne hanno un vantaggio in numero di anni di vita rispetto agli uomini. In Italia, ad esempio, la spettanza di vita alla nascita dell’uomo è 79,9 anni mentre quella della donna è 84,6 (ISTAT, 2014). Molte le teorie sui “perché” di questa differenza che spaziano dalla genetica alla cultura. Tuttavia la spettanza di vita sana è identica nei due generi3, quindi i 5 anni di vantaggio delle donne sono anni di vita ammalata e disabile, principalmente per le conseguenze delle malattie cardiovascolari, osteoarticolari e neurologiche (demenza e depressione). Questo ha una enorme influenza sulla qualità della vita e sulla spesa sanitaria. Le donne, inoltre, soprattutto con età superiore ai 65 anni, sono molto più sole, hanno un livello culturale inferiore e una situazione economica molto più fragile. Eppure, poco sappiamo sulla cura e sulla prevenzione delle malattie nel genere femminile. La Sindrome di Yentl non solo non è conosciuta, ma ad oggi non è neppure “curata”, dice Noel Bairey Merz4.

Desidero fare un esempio proprio in campo cardiologico. L’infarto è la prima causa di morte delle donne. Negli ultimi 40 anni la mortalità per malattie cardiovascolari (infarto del miocardio, ictus) è diminuita fortemente nell’uomo e in modo molto meno significativo nelle donne, non è diminuita affatto nelle donne diabetiche5. Ancor oggi sia le donne sia il mondo medico pensano che queste malattie siano prevalentemente maschili. Questo ha fatto sì che il genere femminile quasi non esista nei trial epidemiologici che hanno descritto i fattori di rischio e la prevenzione, i sintomi e la terapia dell’infarto. Le donne, oggi lo sappiamo, possono avere sintomi molto diversi quando sono colpite da un infarto del miocardio, tanto che si parla di sintomatologia atipica: spesso non hanno il dolore precordiale, ma al collo, al dorso oppure non hanno alcun dolore ma solo irrequietezza, ansia, lieve dispnea; per tale motivo possono non essere ricoverate, essere soccorse in ritardo o non essere indirizzate in area “rossa” del Pronto Soccorso. Di conseguenza la mortalità delle donne in fase acuta e in periodo ospedaliero, dopo un infarto, è sempre superiore rispetto agli uomini. Ma anche la mortalità a 6 mesi da un infarto è superiore nelle donne e anche a distanza di 6 anni da un intervento di bypass. Nelle donne, inoltre, si ammalano facilmente le piccole arterie del cuore (il microcircolo) piuttosto che le grandi arterie, di conseguenza la diagnostica è più complessa e deve seguire percorsi differenti. La coronarografia, ad esempio, può non evidenziare gravi alterazioni delle coronarie epicardiche. Ci sono serie patologie cardiovascolari come la rottura di cuore, la dissezione coronarica, la Sindrome di tako-tsubo che si reperiscono quasi esclusivamente nelle donne. Ma poco si è fatto in questi anni di grandi ricerche e scoperte per capire il perché di tali diversità6. L’età di insorgenza della patologia coronarica è più elevata nelle donne e l’aterosclerosi è più recente, quindi si creano meno circoli collaterali; vi è una prevalenza rispetto all’uomo della coronaropatia monovasale. Inoltre, dopo un infarto nella donna si evidenzia una maggiore compromissione emodinamica con frequente deficit della cinetica ventricolare e più frequenti aritmie maligne. Anche i fattori di rischio per l’aterosclerosi nelle donne sembrano avere un impatto diverso. Un esempio è il diabete, che è più pericoloso per il cuore delle donne rispetto a quello degli uomini. A fronte di una maggiore frequentazione femminile degli ambulatori medici, le donne diabetiche e le donne cardiopatiche sono meno trattate farmacologicamente7. La cardiologia, nonostante tutto, è la specialità più avanzata in fatto di conoscenza delle differenze di genere8. Tanto che l’American Heart Association ha pubblicato le linee guida per la prevenzione delle malattie cardiovascolari nelle donne9. Ma queste sono le prime e, al momento, uniche.

Ancora molti sono gli esempi che potremmo fare in altri settori della medicina. Tuttavia le questioni che ci poniamo oggi sono le seguenti: a che punto è la ricerca nel campo della Medicina di genere in Italia, in Europa e nel mondo? a che punto è l’applicazione delle conoscenze delle differenze in medicina tra i due generi, maschile e femminile, uomini e donne? e, ancora, a che punto è l’insegnamento della Medicina di genere nel Corso di laurea in medicina e chirurgia, nelle Scuole di specialità e all’interno dei Corsi di laurea di tutte le professioni sanitarie?

Di fronte a queste domande dobbiamo capire che l’impostazione del problema non può che essere molto diversa: la Medicina di genere non esiste. Esiste, invece, solo la Medicina genere-specifica. Poiché nel momento in cui si insegna o si pratica una medicina a misura di uomo e di donna non vi può essere una via separata dal resto della medicina. Non si può insegnare la Medicina di genere come medicina parallela, o alternativa. La medicina va insegnata e praticata in modo genere-specifico in tutte le sue specialità. Non può esistere un Corso di medicina di genere, un Congresso di medicina di genere, una specialità di medicina di genere, mentre tutte le branche della medicina vengono insegnate e applicate come se non esistessero le differenze di genere.

È incredibile, ma all’inizio del terzo millennio siamo chiamati a rifondare la medicina: dobbiamo completare le conoscenze, che sono davvero molto avanzate ma mai differenziate in base al genere, o meglio non sempre desunte da sperimentazioni condotte nei due generi; e dobbiamo applicare nella pratica quotidiana in tutte le specialità una Medicina genere-specifica. Le più grandi riviste internazionali ci indirizzano in tal senso10-12.

Il termine Medicina di genere sembra riferirsi a una medicina parallela, è fuorviante e va evitato. Noi tutti dobbiamo fondare e mettere in pratica una Medicina genere-specifica.

Bibliografia

1. Healy B. The Yentl Syndrome. N Engl J Med 1991; 325: 274-6.

2. Baggio G, Corsini A, Floreani A, Giannini S. Gender Medicine: a task for the third millennium. Clin Chem Lab Med 2013; 51: 713-27.

3. Jagger C, Gillies C, Moscone F, Cambois E, Van Oyen H, Nusselder W, Robine JM; EHLEIS team. Inequalities in healthy life years in the 25 countries of the European Union in 2005: a cross-national meta-regression analysis. Lancet 2008; 372(9656): 2124-31.

4. Noel Bairey Merz C. The Yentl Syndrome is alive and well. Eur Heart J 2011; 32: 131-15.

5. Gregg EW, Gu Q, Cheng Yj, Narayan V, Cowie C. Mortality Trends in Men and Women with Diabetes, 1971 to 2000. Ann Intern Med 2007; 147: 149-55.

6. Bassuk SS, Manson J. Gender-specific aspect of selected coronary heart disease risk factors: a summary of the epidemiologic evidence. In: Legato M, editor. Principles of gender-specific medicine. Amsterdam, Boston: Elsevier Academic Press 2010, 162-70.

7. Franconi F, Campesi I. Pharmacogenomics, pharmacokinetics and pharmacodynamics: interaction with biological differences between men and women. Br J Pharmacol 2014; 171: 580-94.

8. Sergi G, Veronese N, Fontana L, et al. Pre-Frailty and Risk of Cardiovascular Disease in Elderly Men and Women. J Am Coll Cardiol 2015; 65: 976-83.

9. Mosca L, Benjamin EJ, Berra K, et al. Effectiveness-based guidelines for the prevention of cardiovascular disease in women-2011 update. Circulation 2011; 123: 1243-62.

10. Redberg RF. Don’t assume women are the same as men: include them in the trial. Arch Intern Med 2012;172: 921.

11. Putting Gender on the agenda. Nature 2010; 7299: 665.

12. Schiebinger L. Scientific research must take gender into account. Nature 2014; 507: 9.