Alimentazione: differenze di genere e ruolo della donna

A cura di Mariapaola Salmi

email mp.salmi@libero.it

L’alimentazione nell’ultimo ventennio ha assunto un ruolo di primissimo piano nel mantenimento della salute nella popolazione mondiale ed è considerata come strumento essenziale di prevenzione primaria. È, infatti, indubbia la correlazione tra alimentazione inadeguata e aumento del rischio di malattie cronico-degenerative, le cosiddette malattie non trasmissibili (infarto, ictus, ipertensione, diabete tipo 2, cancro), che sono la principale causa di morte in tutto il mondo. Queste patologie sono fortemente condizionate dagli stili di vita che tra gli altri fattori comprendono le abitudini alimentari, influenzate a loro volta da fattori biologici, di genere e ambientali. Un’ampia letteratura scientifica, sviluppatasi a partire dagli Stati Uniti, ha dimostrato, tuttavia, che l’alimentazione incide in modo diverso sulla salute di uomini e donne, sebbene queste ultime non siano state quasi mai oggetto della ricerca scientifica in ambito nutrizionale, al punto che le stesse raccomandazioni nutrizionali moderne si basano su studi condotti in prevalenza tra i maschi. Recentemente la ricerca in nutrizione si sta fortemente orientando, così come la medicina in generale, verso la nutrizione personalizzata, cioè una nutrizione di precisione che tenga conto delle diversità inter- e intra-individuali, nel campo della genomica, metabolomica, proteomica e del microbiota. Ciascuno di questi profili può combinarsi variamente con tutti gli altri creando una serie molto numerosa di possibilità che concorrono a definire non solo i fabbisogni di ciascun individuo, in particolare di maschi e femmine, ma anche le diverse risposte a uno stesso nutriente. Questo complesso scenario si complica ulteriormente nella donna che nel corso della sua vita va incontro a variazioni sia biologiche che sociali periodiche. La donna è nutrice, colei che nutre; la donna da sempre è colei che si occupa della dispensa e della preparazione e distribuzione del cibo dentro la famiglia facendosi carico del benessere dell’intera famiglia. Eppure è la donna, oggi, a essere colpita prematuramente e in maniera massiccia proprio dalle malattie non trasmissibili con esiti fatali. Ecco che la salute della popolazione femminile, dall’infanzia per tutto il periodo fertile e dopo la menopausa, dovrebbe diventare oggetto di interventi educazionali, di monitoraggio e di counselling. Ciò richiede per forza di cose un grande sforzo di empowerment da parte delle stesse donne.

I comportamenti alimentari si acquisiscono attraverso un progressivo processo di apprendimento che inizia sin dai primissimi anni di vita ed è influenzato nei due sessi da numerosi fattori biologici e socio-economici.

Sono state evidenziate differenze significative nelle abitudini alimentari degli uomini e delle donne, i determinanti delle quali non sono ancora stati chiariti. La prima evidente differenza sta nella diversa costituzione fenotipica: le donne sono mediamente più piccole degli uomini, più basse e con un peso corporeo inferiore; le donne hanno minore massa magra e massa ossea rispetto agli uomini, per tale motivo in età avanzata sono più predisposte alle fratture, ma hanno una maggiore massa grassa. Diversa è anche la distribuzione del grasso corporeo: le donne accumulano grasso sottocutaneo nella parte inferiore del corpo (fianchi, glutei e cosce), gli uomini accumulano soprattutto grasso viscerale, localizzato cioè a livello dell’addome. Il grasso viscerale si correla a un rischio aumentato di patologie cardiovascolari e di diabete di tipo 2. È anche molto diversa la modalità di utilizzo dei grassi che è fortemente condizionata dal diverso quadro ormonale; gli uomini li utilizzano più facilmente per produrre energia; le donne in età fertile, invece, sono programmate ad accumularlo per rispondere a una funzione biologica fondamentale per la specie come la procreazione e la lattazione, quindi per assicurare la sopravvivenza della prole. Nella menopausa le donne, a causa del crollo degli ormoni estrogeni, presentano un aumento dell’accumulo di grasso viscerale tipico degli uomini. Numerosi studi scientifici evidenziano che uomini e donne si differenziano rispetto al loro metabolismo basale che risulta più basso (-5%-15%) nelle donne rispetto agli uomini, di conseguenza mangiano quantità di cibo diverse: i maschi mangiano più delle femmine, a qualunque età. Questo perché i fabbisogni nutrizionali sono diversi, in primo luogo il fabbisogno energetico: le donne consumano meno energia, sebbene in alcune fasi o condizioni della loro vita i fabbisogni aumentino. Ciò comporta che le donne devono assumere attraverso l’alimentazione un quantitativo di chilocalorie giornaliero più basso rispetto a quello degli uomini, pur essendo praticamente uguale per i due sessi la distribuzione percentuale dei diversi nutrienti da consumare durante la giornata per soddisfare le proprie esigenze energetiche; il fabbisogno proteico, per esempio, è lo stesso per donne e uomini, ma poiché viene calcolato in base al peso corporeo la quantità in grammi di proteine da consumare giornalmente è inferiore nella donna rispetto all’uomo. Stessa cosa per i grassi e per i carboidrati, i cui fabbisogni nutritivi vanno calcolati anche in base all’età, al tipo di attività fisica, al tipo di lavoro, allo stato ormonale, etc. Riguardo ai carboidrati, che dovrebbero rappresentare il 55%-60% dell’introito calorico giornaliero della dieta sia nel maschio che nella femmina, la donna deve fare particolare attenzione alla frazione di zuccheri semplici, quelli di cui si tende ad abusare di più, in due particolari condizioni: la gravidanza e l’età peri-menopausale. Entrambe queste situazioni, infatti, tendono a favorire la comparsa dell’insulino-resistenza da cui può originare un pre-diabete e poi un diabete con associato aumento dei trigliceridi.

Altrettanto importante è un adeguato introito di micronutrienti (sali minerali, elettroliti, vitamine…) che sono distribuiti variamente e in diversa concentrazione negli alimenti; da ciò la necessità di un’alimentazione il più possibile variata in entrambi i sessi. Il ferro è uno degli elementi più importanti il cui fabbisogno è più elevato nella donna rispetto all’uomo, per tutto il periodo fertile, a causa delle perdite mestruali mensili. Si stima, tuttavia, che almeno un 25% delle giovani donne europee accusi una condizione subclinica da carenza di ferro. Altro fabbisogno che presenta alcune differenze tra maschi e femmine è quello di acido folico: le raccomandazioni in entrambi i sessi prevedono lo stesso livello di assunzione che raddoppia nella donna in gravidanza e subito prima. Necessaria la supplementazione anche nelle donne in terapia estroprogestinica, che comporta una riduzione delle biodisponibilità delle vitamine del gruppo B di cui i folati fanno parte.

Il fabbisogno di calcio è sovrapponibile nei maschi e nelle femmine fino alla menopausa, quando il suo introito deve aumentare nella donna a motivo della demineralizzazione massiva dello scheletro dovuta alla perdita dell’effetto protettivo degli estrogeni sulla matrice ossea. Il fabbisogno di calcio aumenta anche nella donna in gravidanza e nelle età più avanzate. Nella donna in età peri-menopausale aumenta rispetto all’uomo anche il fabbisogno di vitamina D. In questa fase la donna tende a ingrassare e il tessuto adiposo viscerale accumulato sul girovita sequestra la vitamina D che è liposolubile e non va più in circolo.

Ugualmente importante per la donna in età fertile, in gravidanza e in allattamento e poi in età peri-menopausale, è aumentare l’introito di magnesio e potassio il cui fabbisogno cresce fisiologicamente in queste condizioni.

Le abitudini alimentari vengono determinate anche da altri fattori che possono essere fortemente influenzati da differenze di genere, quali l’educazione, l’etnia, le tradizioni culturali, le motivazioni religiose e/o ideologiche, l’istruzione e lo stato socio-economico individuale. Ne consegue che le differenze tra maschi e femmine possono implicare un diverso accesso a una nutrizione corretta, rappresentando quindi un determinante di salute molto forte.




Studi europei evidenziano che la popolazione nel suo complesso fa spesso degli errori alimentari come saltare i pasti, consumare poca frutta e verdura, bere poco latte e consumare poco yogurt e latticini, mangiare cibi ad alto contenuto calorico e basso valore nutritivo, mangiare spesso al fast-food e ricorrere frequentemente ad alimenti pronti. Tuttavia molti studi, fra i quali il progetto di sorveglianza PASSI dell’Istituto Superiore di Sanità, evidenziano come la donna sia più attenta all’alimentazione rispetto all’uomo, in tal senso il suo ruolo educativo sulle future generazioni è fondamentale. Studi condotti in alcuni paesi africani hanno evidenziato che l’educazione delle donne comporterebbe la spesa di 1 dollaro al giorno rivoluzionando la prevalenza della fame che si ridurrebbe del 70%.

Le donne consumano più frutta e verdura, legumi e alimenti integrali e dolci rispetto agli uomini che tendono a preferire cibi ricchi di grassi e proteine, alcol e bevande zuccherate e gassate. Sebbene le donne siano più propense a modificare il proprio regime alimentare, tendono ad abbandonare con più facilità la nuova dieta salutare per tornare alle vecchie abitudini; gli uomini, invece, quando scelgono di modificare la loro alimentazione sono più costanti nel seguire la nuova dieta.

Infine, esistono veri e propri stereotipi culturali riguardo gli alimenti. Alcuni cibi sono considerati “maschili”, altri “femminili”: la carne rossa, per esempio, è cibo per maschi, l’insalata e i dolci sono considerati cibo per femmine. È evidente che la prevenzione primaria deve tener conto delle differenze di genere rispetto alla nutrizione oltre che dei fattori biologici. Solo così interventi di politica sanitaria preventiva saranno efficaci e in grado di influenzare, modificandoli, i comportamenti alimentari della popolazione, a partire dall’infanzia.

Si ringraziano per la collaborazione a questo contributo:

Hellas Cena, medico specialista in Scienza dell’Alimentazione con indirizzo clinico; Ricercatore universitario e Professore di Nutrizione umana presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Pavia.

Roberta Masella, Direttore dell’Unità di Prevenzione e Salute, Centro di riferimento per la Medicina di genere, Istituto Superiore di Sanità.




Bibliografia di riferimento

Leblanc V, Bégin C, Corneau L, Dodin S, Lemieux S. Gender differences in dietary intakes: what is the contribution of motivational variables? J Hum Nutr Diet 2015; 28(1): 37-46.

Tarnopolsky MA. Gender Differences in metabolism; nutrition and supplements. J Sci Med Sport 2000; 3(3): 287-98.

Cena H, Conino D, Coss A, Agnese P, Parozzini MF. Nutrition in pregnancy: three crucial periods for mothers and newborns. Italian journal of Gynaecology & Obstetrics 2018; 30(2): 27-37.

Cena H, Stanford FC, Ochner L, Fonte ML, Biino G, De Giuseppe R, Taveras E, Misra M. Association of a history of childhood – onset obesity and dieting with eating disorders. Eat Disord 2017; 25(3): 216-29.

Maffoni S, De Giuseppe R, Stanford FC, Cena H. Folate status in women of childbearing age with obesity: a review. Nutr Res Rev 2017; 30(2): 265-71.

Good nutrition: Should guidelines differ for men and women? Harvard Men’s Health Watch, September 2006.

Palmer BF, Clegg DJ. The sexual dimorphism of obesity. Mol Cell Endocrinol 2015; 402: 113–119.

Wu BN, O’Sullivan AJ. Sex differences in energy metabolism need to be considered with lifestyle modifications in humans. J Nutr Metab 2011; 2011:391809.

Varì R, Scazzocchio B, D’Amore A, Giovannini C, Gessani S, Masella R. Gender-related differences in lifestyle may affect health status. Ann Ist Super Sanita 2016; 52(2): 158-66.

Vitale M, Masulli M, Cocozza S, Anichini R, Babini AC, Boemi M, et al. Sex differences in food choices, adherence to dietary recommendations and plasma lipid profile in type 2 diabetes- The TOSCA. IT study. Nutr Metab Cardiovasc Dis 2016; 26(10): 879-85.